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    A Lugano va in scena il Metaforum tra NFT e Metaverso

    Il 13 giugno presso il museo LAC di Lugano apre la prima edizione di “Metaforum”, evento dedicato all’incontro con speaker di tutto il mondo per parlare di NFT e Metaverso.

    Finlantern, in collaborazione con The Cryptonomist, presenta la prima conferenza a Lugano che parla di Crypto Arte, NFT e Metaverso.

    L’appuntamento è per tutti gli appassionati di crypto, ma anche per chi desidera approfondire le tematiche più attuali di questo settore insieme ai grandi professionisti.

    Oltre ad una parte con gli stand di sponsor e partner dell’evento, Metaforum avrà ben tre palchi dove si alterneranno speaker italiani ed internazionali con personalità forse mai viste in Europa, come il CEO e co-founder di SuperRare John Crain.

    Sul main stage non mancheranno nomi di punta come Andrea Concas, ideatore e founder di The NFT Magazine, o ancora Marco Montemagno influencer e imprenditore con MontyLab NFT, senza dimenticare l’attenzione verso la regolamentazione legale e fiscale insieme all’Avv. Massimo Simbula e al commercialista Stefano Capaccioli.

    Ampio spazio anche al Metaverso, con diversi panel che presenteranno le molteplici opportunità per brand, gaming e creativi insieme a ospiti d’eccezione come Alessandro De Grandi, Ceo di The Nemesis. 

    L’evento durerà un’intera giornata e si terrà al museo LAC, fronte lago, una location unica per affrontare temi più che mai attuali come metaversi, DeFi e blockchain oltre a Crypto Arte e NFT.

    Nel corso della giornata dedicata al Metaforum anche la Crypto Arte è di casa, grazie ad una mostra che presenta gli NFT di alcuni tra gli artisti più importanti della scena artistica come Skygolpe, Giovanni Motta, Federico Clapis, Dangiuz e molti altri.

    Per partecipare all’evento è possibile utilizzare i seguenti codici sconto per ottenere il 20% sui prezzi dei biglietti:

    • METAVIS22CRYPTONOMIST: coupon per biglietto visitor CHF 230 
    • METAVIP22CRYPTONOMIST: coupon per biglietto VIP CHF 390 
    • METASUP22CRYPTONOMIST: coupon per biglietto SuperVIP CHF 550

    The NFT Magazine: SKYGOLPE sulla copertina dell’ottavo numero

    The NFT Magazine: SKYGOLPE sulla copertina dell’ottavo numero

    Il crypto artista italiano SKYGOLPE è il protagonista della copertina del nuovo numero di The NFT Magazine, dedicato a NFT Archeology

    SKYGOLPE è il protagonista della copertina della ISSUE #08 di The NFT Magazine con drop pubblico previsto per il prossimo 2 giugno.

    L’artista è stato scelto direttamente dal Readers Club, la community di lettori della rivista che grazie al possesso delle precedenti cover, ha diritto di voto sia sulle tematiche proposte che sul cover artist. I “Readers” hanno potuto scegliere tra un pool di nomi di grande importanza nel panorama crypto.

    Il nuovo numero di The NFT Magazine sarà distribuito in edizione limitata di sole 666 copie con focus su la storia e l’archeologia dei primi progetti NFT.

    Ci saranno tanti approfondimenti su progetti come CryptoPunks, CryptoKitties e Rare Pepe, ma anche sui primi esperimenti di Monegraph, i volumi di OpenSea e molto altro ancora

    CHI È SKYGOLPE?

    Skygolpe (1986) è un artista italiano che vive e lavora a Genova (Italia).

    Si definisce un artista senza formazione accademica (uneducated artist), che invece avviene per le strade del quartiere Brick Lane a Londra, città nella quale si trasferisca appena maggiorenne e dove la sua creatività esplode con la Street Art.

    Tornato in Italia, si focalizza sullo sviluppo di una ricerca attraverso installazioni, pittura, fotografia, arte visiva e digitale. Nel frattempo si imbatte sulla piattaforma del social media decentralizzato Cent, dove nella comunicazione tra gli utenti, emerge sempre più spesso la parola “crypto arte”, suscitando la curiosità dell’artista che inizia a studiare e sperimentare.

    Le sue opere – ritratti senza volto, ma contraddistinti da colori e pattern espressivi – sono caratterizzate da uno stile unico e da una ricerca che parte dalla filosofia esistenzialista per mettere in contrasto la fragilità e l’eroismo dell’essere umano.

    L’opera protagonista della cover ISSUE #08 di The NFT Magazine è “Solar Cage”.

    La cover di Skygolpe

    COME ACQUISTARE THE NFT MAGAZINE?

    Come per i precedenti volumi, distribuzione e vendita sono scanditi in differenti momenti, con accesso prioritario agli holder che fanno parte del Readers Club, lettori che hanno acquistato le precedenti edizioni e per coloro che hanno sottoscritto l’abbonamento.

    Il prezzo di partenza per tutti è di 0.05 ETH + gas fee, con possibilità di acquistare anche in valuta FIAT come euro e dollari direttamente dal Newsstand di thenftmag.io.

    Le copie rimaste invendute saranno bruciate per assicurare la rarità dell’edizione.

    L’appuntamento per il Drop pubblico  è quindi per il 2 giugno 2022 alle 18:00 CET.

    E tu, sei pronto a leggere e collezionare il nuovo numero di The NFT Magazine?

    Intervista a Paolo Treni, artista dei mille riflessi

    Intervista a Paolo Treni, artista dei mille riflessi 

    Scelto da HUB/ART come uno dei vincitori della categoria “Pittura”, Paolo si muove al confine tra arte e design creando opere fatte di sogni e di luce che regalano speranza.

    Paolo Treni è un artista visuale nato nel 1981 sul Lago di Garda, che vive e lavora tra Brescia e Milano. Si è laureato in Comunicazione all’Università Cattolica di Milano e si è diplomato alla scuola del Teatro Arsenale.

    Nella sua arte si ritrovano stimoli provenienti dagli ambiti più svariati che contribuiscono alla realizzazione di lavori a volte introspettivi, altre volte stravaganti.

    L’artista gioca con la luce e con i riflessi per la creazione di effetti di profondità e di colori che si trasformano continuamente in base alla posizione dello spettatore e al momento in cui vengono osservati.

    In mostra un’intera sala dedicata all’artista che chiude questo percorso con un messaggio di positività e di fiducia nel domani.

    Abisso, 2021, laser, smalti e vernici su plexiglas 22,6 x 22,6 cm

    Sei stato scelto da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come uno dei quattro vincitori della categoria “pittura”. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento? E cosa ti aspetti per il futuro?

    Vedendo di persona le mie creazioni in plexiglas si scopre che vivono grazie alla riflessione e alla rifrazione della luce, operando una sintesi fra pittura e scultura. Dopo Berlino, questo riconoscimento mi ha dato la possibilità di mostrarle finalmente in un “white cube” a Milano, città dove ho studiato e vissuto per tanti anni, ma dove non le avevo ancora esposte.

    Se con la mostra virtuale in 3D le mie opere sono state notate, è certamente grazie all’esposizione fisica che ho avuto l’opportunità di rivelare e valorizzare appieno la loro natura.

    La novità di questa mostra? Poter scegliere l’illuminazione della sala dedicata alle mie opere e giocare con le luci calde e fredde, osservando come cambia la percezione dei cinque lavori presenti. Credo che questo riconoscimento rappresenti un’ottima interazione fra mondo digitale e mondo fisico, il che mi fa ben sperare in un futuro phygital per le mie nuove creazioni.

    Ex Glacie Exurgo, 2016, laser, smalti e vernici su plexiglas, 127 x 99 cm.

    Remember Tomorrow è una mostra che vuole far riflettere sul disagio della società contemporanea in seguito alla pandemia, pur lasciando uno spiraglio di luce. Le tue opere portano infatti un messaggio di speranza, sono un tripudio di gioia e di colore. Che cosa rappresenta per te la luce?

    Mi fa piacere che anche opere apparentemente cupe come Ex Glacie Exurgo, svelino una profonda voglia di rinascita: molti, infatti, la interpretano come una fenice che risorge dai ghiacci. Penso che lo stimolo del colore evochi sensazioni che non fanno necessariamente parte del presente, ma affondano le radici nel bagaglio delle nostre esperienze passate: in particolare nelle immagini astratte, dove ciò che ci colpisce o ci piace non è quello che vediamo, ma ciò che sentiamo rievocare nella nostra memoria emotiva.

    La luce, influenzando la percezione della brillantezza dei colori, ha il potere di trasformare l’atmosfera e diventa elemento chiave nell’attivare determinati ricordi nella mente di chi guarda. A proposito di luce e speranza, le sfumature di Cosmic Green Drop mi riportano a quel momento iniziale del lockdown in cui Madre Natura, incurante del virus, sembrava essersi ripresa i suoi spazi: le acque di Venezia tornavano verde smeraldo così come i delfini rientravano nel porto di La Spezia. Quella speranza di un mondo più verde, dalle acque dei mari al clima in generale, è ciò che ho cercato di cristallizzare attraverso l’opera.

    I tuoi lavori sono la perfetta commistione tra tecnologia ed artigianalità, lavorano sull’ambiguità percettiva, quando li ritieni conclusi?

    In realtà non “chiudo” mai l’opera, so che ho finito di dipingere quando percepisco che è aperta (per dirla alla maniera di Umberto Eco) a libere interpretazioni. Lavorare sull’ambiguità percettiva significa che quando inizio a dipingere non so mai quale sarà il risultato finale. Rielaborando in ambiente virtuale l’arte del Suminagashi (una tecnica orientale con la quale si lasciano cadere gocce di colore ad olio in un sottile strato d’acqua), lascio fluire le macchie di colore in base al mio flusso di coscienza, assecondando l’espansione naturale dei fluidi o intervenendo sul movimento con strumenti come spatole e pennelli, finché percepisco che l’opera si presta a molteplici letture da parte dello spettatore, che la arricchirà con la sua personale visione.

    Cosmic Green Drop, 2020, laser, smalti e vernici su plexiglas, 92 x 92 cm

    Nei lavori esposti in mostra si ritrovano forze centrifughe (ad esempio nella nuvola Zephyrus Meridiei) e forze centripete (come nel frammento di Goccia d’Abisso). Cosa vuoi trasmettere allo spettatore?

    Come accade nel Teatro di Jacques Lecoq, per me è importante creare un’esperienza di visione coinvolgente, in cui la fantasia dello spettatore assuma un ruolo attivo. Nel caso della nuvola Zephyrus Meridiei la forma è il risultato di un equilibrio dinamico fra le forze che immagino muoversi al di fuori dalla sagoma e quelle che tentano di liberarsi al suo interno; questo fa sì che spostandosi sull’asse orizzontale e cambiando il punto di vista, emerga una tridimensionalità quasi scultorea. Il frammento di Goccia d’Abisso, invece, gioca sulla profondità e sembra aprire un varco dimensionale nella parete, dandoci la sensazione di essere risucchiati, non solo con lo sguardo. Attraverso queste dinamiche di attrazione o repulsione insite in ogni opera, l’osservatore è naturalmente stimolato a muoversi lungo le pareti, ad avvicinarsi o ad allontanarsi, alla ricerca del punto nevralgico in cui i colori si accendono e la composizione si anima. Lo spettatore entra quindi in rapporto con l’opera: la trasformazione della luce stimola la sua immaginazione, attivando un dialogo maieutico destinato ad evolversi e durare nel tempo.

    Quanto pensi siano importanti i social per la promozione della tua arte? In che modo li hai usati durante la pandemia?

    Per carattere non mi definirei un grande amante dei social, ma durante la pandemia, non potendo recarmi in laboratorio a causa del lockdown, ho utilizzato soprattutto Instagram. Devo ammettere che per me si è rivelato efficace nel promuovere e far vedere le performance delle mie opere ambientate sulla neve ad un nuovo pubblico, attirando anche l’attenzione di collezionisti italiani. In questo senso l’incontro con la giovane influencer Ginevra Mavilla e la pubblicazione di Pulsar inserita nella sua nuova casa si è rivelato un bel booster, che mi ha consentito di avviare collaborazioni con il mondo dell’interior design tailor-made, come nel caso della recente installazione site-specific realizzata in piazza San Simpliciano, per lo show-room Tai Ping.

    Intervista a cura di Diana D’Ambra

    Cover: Zephyrus Meridiei e Dissolved Motherhood di Paolo Treni

    Intervista ad Alex Frost, youtuber dei “Wet Unboxing”

    Intervista ad Alex Frost, youtuber dei “Wet Unboxing”

    Scelto da HUB/ART come uno dei vincitori della categoria “videoarte”, Alex Frost riflette sul consumismo della nostra società attraverso i “Wet Unboxing”.

    Dopo aver studiato a Glasgow Alex Frost è approdato sulla scena artistica imponendosi a livello internazionale ed esponendo sia in spazi fisici che virtuali. Le sue più recenti mostre personali fisiche sono state al TACO! Londra nel 2021 e al First Site, Colchester nel 2020. Nella serie di video iniziata nel 2018 con il titolo di “Wet Unboxing” immerge sott’acqua cibi e bevande confezionati che vengono lentamente spacchettati. I suoi lavori sono stati pubblicati in oltre 30 articoli in tutti i continenti, tradotti in 10 lingue e sono stati premiati con un elenco su knowyourmeme.com.

     Alex riflette sulla caducità della vita e catalizza lo sguardo dello spettatore su oggetti banali che creano un effetto ipnotico.

    Sei stato scelto da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come uno dei vincitori della categoria “video arte”. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento? E cosa ti aspetti per il futuro?

    Vincere il premio è stato ovviamente fantastico. Ho in programma un paio di mostre che sono nate grazie al premio e ci sono già stati molti aspetti positivi dall’esposizione presso Hub/Art e grazie ad Art Rights. In primo luogo, questa mostra rappresenta un’opportunità per mostrare il mio lavoro a un nuovo pubblico e per vedere come funziona/comunica.

    Wet Unboxing (Adez Non-Dairy Smoothie), 2018, Digital Video.

    Com’è nata l’idea dei “Wet Unboxing”? Qual è lo scopo del tuo lavoro?

    Non sono sicuro che i video abbiano lo scopo di essere utili! Sono una risposta al modo in cui il consumo è diventato un’esperienza virtuale. Ad esempio, oggi, non abbiamo necessariamente bisogno di un acquisto fisico per ottenere il nostro successo consumistico. I video di unboxing sono una dimostrazione di questo effetto e nel filmare un unboxing sott’acqua sto portando avanti questa idea. Circolano attraverso spazi artistici e non – sui social media e negli spazi delle gallerie. I prodotti che scelgo sono i prodotti di super-modernità o iper-convenienza, il tipo di prodotti che vengono venduti per aiutarti ad essere più efficiente durante il giorno, come un frullato proteico o un superfood. Il tipo di cose che trovi nelle stazioni ferroviarie o negli aeroporti, per facilitarti durante una giornata lavorativa o per calmarti dopo.  L’idea è nata abbastanza presto dopo il ritorno a Londra. Questi prodotti sono ovunque in città e quindi sembrava ovvio iniziare ad usarli.

    Noti differenze nel modo in cui la tua arte viene percepita in Italia e all’estero?

    Penso che la condizione a cui mi sto rivolgendo sia piuttosto universale. Almeno è così nelle città del Nord del mondo. Sono appena tornato da una residenza di due mesi negli Stati Uniti dove ho realizzato una versione USA dei “Wet Unboxings”. Certo, ci sono differenze nei prodotti negli Stati Uniti, ma la cosa principale che ho notato è come le esigenze siano le stesse. All’interno delle società occidentali questa condizione colpisce tutti.

    Wet Unboxing (Pepto Bismol), 2018, Digital Video.

    Secondo te, quanto è importante la comunicazione nel lavoro di un artista?

    Non ho problemi a spiegare quello che sto cercando di fare e comunicare con la mia arte, ma mi piace anche lasciare spazio allo spettatore per interpretare l’opera a modo suo.  

    Potresti dirci qualcosa sui tuoi progetti futuri?

    Attualmente sto modificando i video dei “Wet Unboxings” che ho realizzato mentre ero negli Stati Uniti da febbraio. Durante la borsa di studio presso l’Università dell’Indiana ho avuto la possibilità di usare le loro incredibili strutture oltre al poter fare alcune lezioni e conferenze. Ho anche alcune mostre in arrivo nel Regno Unito, in Italia e negli Stati Uniti, nonché un’opera al Museum of Bread and Art di Ulm in Germania.

    Photo Credits: Wet Unboxing (Travel Sized Gillette Shaving Gel), 2018, Digital Video.

    Intervista a Federica Poletti: artista dell’umanità al femminile

    Sepolta nel bosco, 2021, olio su tela, 180x200 cm

    Scelta da HUB/ART come una dei vincitori della categoria “Pittura” Federica propone opere eleganti ed enigmatiche che invitano lo spettatore a riflettere e a guardarsi dentro.

    Nata a Modena nel 1980, Federica Poletti ha seguito sin dall’inizio un percorso canonico frequentando l’Accademia di Belle Arti di Bologna e proseguendo la sua formazione all’interno della bottega di un noto pittore modenese.

    Abile nella pittura ad olio, suo mezzo espressivo per eccellenza, non disdegna la sperimentazione di altre tecniche e in particolare della scultura in ceramica.

    Ispirata da grandi artisti contemporanei ma anche da pittori del passato come Caravaggio, nella sua arte ricorrono sempre l’inquietudine, la figura femminile ed il forte desiderio di esplorare l’inconscio. 

    Le sue donne rappresentano la ricerca dell’identità, e la mancanza del volto e dei tratti fisiognomici vuole essere una presa di posizione contro i canoni ed i ruoli imposti loro dalla società. Un’umanità che si sottrae volontariamente alla vista per fuggire dalle influenze esterne che impediscono di raggiungere la verità e di capire chi siamo. 

    Untitled, 2022, olio su tela, 120x80cm

    La partecipazione ad una mostra apre sempre prospettive possibili, prima fra tutte quella di mostrare a più persone il mio lavoro, e questo è fondamentale per confrontarsi sia con gli altri che con sè stessi, e naturalmente la possibilità di esporre è sempre una soddisfazione.

    Per quanto riguarda il futuro il mio unico proponimento è continuare a fare ricerca ed evolvere la mia pittura, ho mostre in programma, un concorso, vedremo… in realtà per me il futuro è sempre stato poco interessante. Preferisco, da sempre, concentrarmi sul presente che è poi l’unica vera possibilità che abbiamo come persone e come artisti.

    A cosa ti ispiri per la realizzazione delle tue opere?

    Le mie opere traggono ispirazione dal quotidiano…un pensiero, un’immagine, qualcosa che leggo anche di sfuggita e che poi elaboro, analizzo e faccio mio solo in un secondo tempo. In realtà come funzioni esattamente questo meccanismo non lo so, non l’ho mai capito, perché è come un istinto, un impulso.

    Ho imparato nel tempo a correggere la mia pittura, in corsa diciamo, a fare e disfare piano piano il lavoro finchè sulla tela tutto quadra e mi soddisfa.

    Come nascano le immagini precisamente non lo so, ma so che non ho mai la più pallida idea di come finirà un lavoro quando inizio. So che molti pittori hanno in testa le loro immagini, precisamente, e sanno come far funzionare tutto durante la realizzazione, io non ho provato questa esperienza una volta. L’unica certezza che ho è che ci sarà caos.

    Negli “anti-ritratti” femminili che dipingi è sempre presente un velo o un pizzo ricamato con motivo floreale che cela il volto. Perché questo rimando alla natura? Cosa vuoi comunicare?

    Nei volti dei miei soggetti a volte compare un decoro, come quello dei vasi cinesi, qualcosa che dia l’idea di prezioso e fragile, la pelle diventa un involucro rigido come una porcellana. L’idea che mi interessa esprimere è quella di una preziosa fragilità, che può essere distrutta o danneggiata irreparabilmente in qualunque momento. Non è questo in effetti l’essere umano? Così fragile, così scoperto.

    Melancholia, 2021, olio su tela, 70×100 cm

    Il colore rosso è preponderante nei lavori esposti in mostra. Gli attribuisci un significato particolare? Qual è il tuo rapporto con i colori?

    I colori per me sono un problema. Per anni ho lavorato in bianco e nero per evitarli e per non doverli affrontare. Se li uso è solo perché voglio che abbiano una funzione precisa. Dare una luce, creare una traccia o semplicemente creare un’atmosfera particolare.

    Il colore crea responsabilità, è un’altra cosa da gestire all’interno del dipinto e come ho detto il mio lavoro è istintivo e inconscio quindi lascio che i colori abbiano una funzione concettuale nell’opera e non sono mai lasciati al caso.

    Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese? Quali strategie adotteresti per valorizzare l’arte e la cultura?

    Il sistema dell’arte contemporanea in Italia è un discorso che andrebbe affrontato su tanti punti di vista differenti perché all’interno del sistema ci sono molti attori differenti, galleristi, curatori, istituzioni e naturalmente gli artisti.

    Una cosa che penso da sempre, che aiuterebbe molto il lavoro dell’artista è che dovrebbero esistere più commissioni pubbliche, più collezionismo da parte delle istituzioni e sicuramente più possibilità di esporre in spazi pubblici. Bisogna che l’arte contemporanea dialoghi con l’arte storicizzata, che si crei un legame stretto, un rapporto tra il lavoro che è stato e quello in essere.

    Credo che ci siano state molte belle esperienze di questo tipo in giro per i grandi musei italiani, penso al Mart, ma anche ad altri, e che non sia abbastanza, che questa sia una buona pratica per portare le persone al museo a fruire di quello che è il nostro patrimonio storico e di quello contemporaneo.

    Naturalmente così facendo ci sarebbero molte più possibilità di esporre ma forse anche una maggiore selezione di quella che è la proposta artistica, si alzerebbe il livello, la tecnica tornerebbe ad essere centrale nell’opera e questo non può che far bene all’arte e al pubblico che ne fruisce.

    Eugenio Viola Nominato Curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2022

    Eugenio Viola sarà il Curatore del Padiglione Italia alla 59° Biennale di Venezia 2022

    Eugenio Viola ha espresso grande onore e privilegio per la sua recente nomina a curatore del Padiglione Italia per la 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, ringraziando il Ministro della Cultura Dario Franceschini e la Direzione Generale Creatività Contemporanea per la fiducia. La Mostra Internazionale d’Arte di Venezia, sotto la direzione artistica di Cecilia Alemani, si terrà dal 23 aprile al 27 novembre 2022.

    La Scelta di Eugenio Viola

    Il Ministro Franceschini ha lodato la visione creativa, ambiziosa e innovativa di Viola, evidenziando la sua capacità di esplorare i cambiamenti profondi innescati dalla pandemia nella società. Questa nomina si allinea con la direzione artistica di Cecilia Alemani, segnando la prima volta che la Biennale d’arte è curata da una donna italiana.

    Chi è Eugenio Viola

    Nato a Napoli nel 1975, Viola ha una carriera consolidata nel mondo dell’arte contemporanea. Attualmente è il Chief Curator al MAMBO – Museo de Arte Moderno de Bogotà, in Colombia, e precedentemente ha lavorato al PICA – Perth Institute of Contemporary Arts in Australia. Viola ha curato importanti mostre in Italia e all’estero, tra cui le prime grandi mostre istituzionali italiane dedicate a artisti come Boris Mikhailov e Francis Alӱs, e progetti di artisti del calibro di Daniel Buren, Vettor Pisani e Giulia Piscitelli. Ha collaborato come guest curator con numerose istituzioni, curando retrospettive di artisti come Regina José Galindo, Karol Radziszewski, Mark Raidpere, Marina Abramović, Francesco Jodice e ORLAN. Nel 2015, Viola ha curato il Padiglione dell’Estonia alla 56. Biennale di Venezia e nel 2019 la mostra “Australia. Storie dagli Antipodi” al PAC di Milano, una grande ricognizione sull’arte contemporanea australiana.

    Eugenio Viola: Una Visione Internazionale per il Padiglione Italia

    Eugenio Viola si distingue come curatore per la sua visione internazionale e la sua sensibilità verso le dinamiche del mondo contemporaneo. La sua nomina come curatore del Padiglione Italia per la 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia riflette l’obiettivo della Direzione Generale Creatività Contemporanea di affrontare temi contemporanei attraverso un approccio trasversale e interdisciplinare. Viola è stato selezionato tra dieci curatori di spicco, con l’intento di esplorare questioni urgenti della società odierna, utilizzando i linguaggi dell’arte contemporanea per creare mondi immaginifici che possano dialogare in modo costruttivo con gli spazi del Padiglione Italia, situato alle Tese delle Vergini in Arsenale.

    La selezione dei curatori ha tenuto conto delle esperienze nazionali e internazionali dei principali rappresentanti italiani nel campo della curatela d’arte contemporanea, valutando le loro ricerche critiche, esperienze curatoriali e attività scientifica. L’obiettivo era garantire una distribuzione equa di genere, oltre alla presenza di giovani talenti affiancati a professionisti già affermati, al fine di offrire una rappresentazione fresca e dinamica della scena artistica contemporanea italiana.

    La nomina di Eugenio Viola al Padiglione Italia 2022 rappresenta un significativo riconoscimento del suo contributo al mondo dell’arte contemporanea e sottolinea l’importanza di affrontare temi attuali e urgenti attraverso l’espressione artistica.

    autore: Eleonora Brizi

    Intervista a Giotto Riva, moderno pittore d’altri tempi

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    Intervista a Giotto Riva, moderno pittore d’altri tempi

    Scelto da HUB/ART come uno dei vincitori della categoria “Pittura”, Giotto Riva interpreta la solitudine e le debolezze della società contemporanea attraverso uno stile classico.

    Nato a Milano nel 1998, Giotto Riva è pittore e disegnatore le cui opere sono state esposte sia in Italia che in Spagna. Nonostante la giovanissima età ha vinto numerosi premi grazie al forte impatto e all’eleganza della sua arte. Ha studiato al Liceo Artistico di Monza e successivamente ha frequentato l’Accademia d’Arte a Barcellona.

    Il suo stile classico contemporaneo mescola forme e soggetti d’un tempo che vengono immersi in un’atmosfera malinconica, sempre al confine tra bene e male. 

    La natura morta Still Alive, attualizzata con mozziconi di sigaretta e bottiglie di vino, riesce bene ad interpretare il vizio ma anche l’isolamento che abbiamo vissuto negli spazi domestici.

    Contemporary Artist Starter Pack, 2019, olio su tela, 40×50 cm

    Sei stato scelto da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come uno dei quattro vincitori della categoria “pittura”. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento? E cosa ti aspetti per il futuro?

    È un onore essere stato selezionato tra i vincitori del concorso e poter esibire le mie opere insieme ad alcuni grandi artisti. Il lavoro svolto dal Team prima e dopo la mostra è stato impeccabile e mi ha dato l’occasione di conoscere quello che è il motore che fa muovere questo mondo e le persone che da dietro le quinte gestiscono, organizzano e rendono concreti questi momenti d’incontro e di scambio culturale. Partecipare alla mostra mi ha permesso di mostrare alle persone quella che è l’origine di partenza del mio percorso artistico e la sua direzione. Per il futuro penso che mi dedicherò a lavorare con impegno su una produzione artistica florida e di qualità. Credo che un pittore debba sempre dare la priorità alla creazione e debba pensare che i propri dipinti siano il frutto dello sforzo, della ricerca e della propria sensibilità.

    Sei originario di Milano ma hai anche vissuto e studiato in Spagna. Quali differenze hai percepito nell’approccio all’arte contemporanea?

    In Spagna, come in America, l’arte figurativa sta ritornando prepotentemente sulla scena contemporanea. Terminati gli studi ho deciso di partire perché non sono tante le accademie d’arte classica in Italia e io sentivo la necessità di affrontare quel tipo di percorso come un bisogno prima di poter esprimere a pieno quello che sento. A Barcellona come a New York ci sono da anni gallerie, accademie, istituzioni e musei che s’impegnano per “riqualificare” il disegno, la pittura e la scultura come la storia ce li ha consegnati. Non riprendendo gli stessi temi ma affrontando tematiche moderne e contemporanee attraverso la ricerca tecnica e stilistica del “bello”. Per questo motivo e per la parallela continua crescita di accademie e atelier di questo stampo in Europa, credo che le persone siano tornate ad aver bisogno di qualcosa di concreto in cui rispecchiarsi, un tipo di pittura in cui rivedersi, trovarsi e non più perdersi.

    A night Out, 2022, olio su lino, 100×100 cm

    Come definiresti la tua pittura? Esiste un’opera in particolare che ti ha ispirato ed ha condizionato la tua carriera?

    Definisco la mia pittura sincera. Mi ha sempre colpito una frase di Ernest Hemingway che diceva: “Davanti ad una pagina bianca bisogna sanguinare” e ancora “Se non ti vergogni di quello che hai scritto, allora è un pessimo lavoro”. Secondo me sta a significare che la pittura, come la scrittura, è uno strumento per raccontarci, parlare a chi ci ascolta delle nostre gioie e delle nostre debolezze. La pittura deve essere trasparente, sincera e io amo un tipo di pittura che trasmette il lato più malinconico e nostalgico dell’uomo. Amo chi di fronte a una tela ha sanguinato e ha cercato di dire la verità. Mi sono sempre ispirato ai pittori che hanno vissuto in una splendida Parigi anni ‘20 e che ce l’hanno raccontata nelle sue bellezze e nefandezze. Ci hanno portato una città solare e mondana che, figlia del progresso, viveva una delle migliori epoche della sua storia, e dall’altro lato ci hanno portato la sporcizia delle strade e delle anime che l’abitavano. I bevitori d’assenzio, i fiori del male, le Demoseille d’Avignon, erano parte di una società che alcuni sentivano il bisogno di raccontare e io troverei molto egoista per un pittore dei giorni nostri, non provare a farlo con quello che lo circonda. Il Maledettismo mi affascina e trova, nell’atto creativo, la sua espressione.

    Come nascono i tuoi lavori? Cos’è per te l’ispirazione?

    Non ho mai pensato all’ispirazione come a una strana entità che colpisce alcuni privilegiati. Credo che ogni uomo viva la propria vita attraverso un’infinità di sensazioni, pensieri ed emozioni in continuo cambiamento. L’abilità del pittore sta nel cogliere queste sensazioni e cercare di donarle all’osservatore. Credo che nella pittura debba esserci tanta empatia tra le parti, bisogna essere disposti ad andare nel profondo e cercare di guardare al di là della sola immagine, creando una connessione di spirito e di pensieri con chi osserva. L’ispirazione è dunque agire in funzione di un pensiero, di un’emozione; è la necessità di trasmettere noi stessi con un quadro, con una canzone o con un verso. Nei miei lavori non voglio disegnare o dipingere quello che non so e che non conosco, non pretendo di parlare di temi che non mi coinvolgono. Cerco disperatamente di aggrapparmi alle sensazioni, voglio dire le mie verità e spero intensamente che anche gli altri possano rispecchiarcisi dentro.

    Ti incuriosisce il campo dell’arte digitale e delle ultime tecnologie? Le proveresti?

    L’arte digitale sta prendendo piede rapidamente all’interno del mercato contemporaneo, credo sia giusto che ogni tipo di mezzo con cui l’uomo riesca ad esprimere sè stesso vada apprezzato ed accettato. Il digitale è uno strumento innovativo che, nella storia, l’uomo non aveva modo di conoscere ma che oggi diventa protagonista della vita di tutti i giorni e quindi protagonista dell’arte stessa. L’unica preoccupazione è che venga fatta fin da subito distinzione tra l’arte digitale con la A maiuscola e il marketing, le strategie di vendita e gli atti speculatori. Se era facile con la pittura e con la scultura entrare in queste dinamiche, figurarsi con un tipo di arte alla portata di tutti e che non ha limiti di produzione. Se il digitale avrà futuro, e credo che lo avrà, spero non si lasci corrompere dalle macabre vicissitudini che spesso ruotano attorno a questo mondo.

    Cover: “Still Alive”, 2019, Olio su tela, 50×60 cm

    Il fotografo Christopher Parsons lancia il suo primo drop NFT con Samsung

    Il fotografo Christopher Parsons, già noto per le sue collaborazioni con Nike, Jordan e artisti come Kendrick Lamar, il prossimo 19 maggio sarà il protagonista del secondo di una serie di eventi organizzati da ArtRepublic in collaborazione con Samsung.

    Per l’occasione verrà organizzata una vera e propria NFT Exhibition intitolata GENESIS presso la sede Samsung 837 di New York, dove i visitatori potranno ammirare le opere di Parsons sui nuovi schermi Neo QLED e nelle Frame TV e sul colossale Brand Wall, con una risoluzione di 7680 x 6480 px.

    Christopher Parsons, “GENESIS” collage, courtesy of the artist

    Le opere NFT di GENESIS saranno disponibili per l’acquisto su SuperRare tramite asta riservata.

    L’obiettivo di Samsung è quello di creare un vero e proprio “un centro culturale completamente immersivo, caratterizzato da una programmazione che attinge alle passioni delle persone come arte, musica, intrattenimento, giochi, sport, benessere, tecnologia e moda, il tutto alimentato e arricchito dalla tecnologia” ma anche la possibilità di “esplorare ed esporre l’arte digitale NFT, nonché un nuovo modo di collezionare e presentare opere d’arte”

    ArtRepublic ha inoltre annunciato che, sempre presso Samsung 837, verranno organizzate mostre di NFT e arte digitale ogni mese.

    Intervista ad Agata Treccani: Pods come immagine della società

    Intervista ad Agata Treccani: Pods come immagine della società

    a cura di Diana D’Ambra

    Scelta da HUB/ART come una dei vincitori della categoria “Pittura” le opere di Agata fanno riflettere sul concetto di isolamento nella società contemporanea. La mostra è stata prorogata fino al 31 maggio 2022.

    Il termine alienazione viene usato in filosofia per indicare il disagio dell’uomo moderno nella civiltà industriale. Oggigiorno con l’avvento di internet e dei social network sono cambiate le interazioni sociali provocando degli effetti concreti sul nostro modo di sentire e di pensare.

    All’incontro faccia a faccia si sostituisce spesso quello virtuale in cui si viene rappresentati da un’asettica immagine del profilo. Se da una parte i social danno l’impressione di essere “sociali” e quindi illudono di essere parte di una community, dall’altra nascondono la solitudine dei singoli individui. 

    Attraverso i suoi lavori Agata Treccani rappresenta la nostra società e ciò che siamo diventati, studiando il nuovo linguaggio visivo contemporaneo.

    Pod.big01, 2020, acrilico su tela, 140×100 cm

    Giovanissima, nata nel 1995, Agata vanta numerose mostre all’attivo. È un’artista multidisciplinare che ha seguito un percorso lineare, conseguendo il diploma accademico di II livello all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2020. 

    Nelle opere presenti in mostra dal titolo Pod si fa riferimento agli earpods, ovvero le cuffiette che comunemente usiamo per ascoltare file audio privatamente e che sembrano diventati una parte integrante del corpo. I personaggi protagonisti di questi lavori hanno occhi vuoti perché non ci osservano essendo sensorialmente e mentalmente in un altro luogo.

    Sei stata scelta da HUB/ART Gallery, partner di Art Rights Prize, come una dei quattro vincitori della categoria “pittura”. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento? E cosa ti aspetti per il futuro?

    Colgo l’occasione per ringraziare ancora la galleria per la possibilità di esporre alcuni dei pezzi della serie Pod e anche per la visibilità che è sempre importante per un artista. Per il futuro spero di poter continuare a crescere come artista e di approfondire la mia ricerca sul linguaggio visivo contemporaneo.

    Pod.R01, 2020, acrilico su tela, 45x33cm

    I personaggi che hai ritratto nella serie PODS, privi del volto e dei tratti espressivi, ben rappresentano la società contemporanea che comunica mediante i Social. Cosa può fare l’arte per recuperare i tratti che ci identificano?

    Le opere sono riflesso di ciò che vedo e che vivo, non ho risposte riguardo la società e la vita, al massimo ho domande. L’arte è un modo che ho da sempre per provare a trovare delle risposte alle molte domande che ho, ma non so se potrebbe essere così per altri. Credo che l’arte si una cosa intima e che quindi non possa dare risposte, tantomeno soluzioni generiche. Di per sé l’arte non può fare nulla, siamo noi che agiamo e cambiamo, a volte grazie all’arte, a volte grazie agli amici, a volte grazie alle situazioni.

    Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la tua ricerca artistica?

    Come detto sopra credo che l’arte sia una cosa intima, per chi la fa e per chi la guarda, il messaggio è il medium come scriveva Marshall McLuhan. Di per sé le mie opere sono uno studio, osservazione e interrogativi sotto forma di immagine, facendo una metafora potrebbero essere l’equivalente di un taccuino di appunti per un ricercatore. Teorizzo e studio il nuovo linguaggio visivo contemporaneo alimentato dalle dinamiche social-contemporanee e studio le regole che dettano lo standard estetico contemporaneo caratterizzato dal contrasto globale tra standardizzazione ed individualità. Facendo riferimento ad artisti del calibro di Luc Tuymans, Gerard Richter o David Hockney, in campo pittorico trovo che la realtà cruda, così com’è, contenga già tutta l’arte di cui abbiamo bisogno. Come per un ricercatore, che osserva la realtà per capirla, anche io mi limito ad osservare e prendere appunti, sperando un giorno di capire.

    Quando hai capito che avresti fatto l’artista? C’è stato un episodio in particolare?

    Non ho mai pensato di fare l’artista in senso stretto, ho sempre pensato che non avrei mai voluto annoiarmi ed il “lavoro” per me era noioso, osservando gli adulti intorno a me. Da che ho memoria l’unica cosa che non mi ha mai annoiata è proprio l’arte. Un giorno in quarta o quinta elementare durante l’ora di arte e immagine, vidi “i cerchi” di Kandisky e mi domandai “questa è davvero arte?”, pensavo fosse davvero brutto e soprattutto che avrei benissimo potuto farlo anche io. Premettendo che già prima di questo fatto passavo praticamente tutte le giornate a disegnare e colorare, da quel giorno per me disegnare acquisì un significato diverso.

    Quali sono i tuoi progetti futuri?

    Nel mio prossimo futuro c’è la mia prima mostra personale presso la galleria Smdot di Udine, il cui titolo è “Tribe. Forgive yourself” dal 26.03.22 al 30.04.22. In questa mostra presento la serie TRIBE, influenzata dal testo “La scimmia Nuda” di D.Morris, che racconta del concetto di tribù elaborato secondo i canoni della contemporaneità. Per il mio lontano futuro il progetto è quello di continuare a lavorare e crescere come artista sperando in nuove collaborazioni magari anche all’estero, perché no.

    Cover credits: Pod.IDO, 2020, acrilico su tela, 19×30 cm, courtesy of the artist

    Beeple e Madonna lanciano una collezione di 3 NFT

    Il Crypto Artist più famoso al mondo e la popstar americana hanno appena lanciato una nuova, provocativa collezione di NFT sul Marketplace SuperRare.

    Si tratta di un inedito “trittico” di NFT dal titolo “Mother of Creation” ai quali i due artisti hanno collaborato per più di un anno, tutti incentrati sulle tematiche di creazione e maternità che “esplorano il concetto di nascita attraverso l’oscurità e la luce nel nostro mondo moderno”

    Madonna and Beeple, “Mother of Nature,” 2022, still from NFT video artwork; courtesy of the artists.

    Protagonista delle opere è una versione 3D della popstar: “Mother of Nature” rappresenta un albero che germoglia dal corpo di Madonna mentre “Mother of Technology ”mostra un millepiedi che vaga per una foresta – “Il millepiedi rappresenta la tecnologia sia la forza vitale che i pericoli di essa, la giustapposizione di oscurità e luce” – mentra in sottofondo la voce di Madonna recita una poesia dello scrittore persiano del XIII secolo Rumi.

    Infine “Mother of Evolution” rappresenta delle farfalle che nascono in uno scenario post apocalittico. 

    I 3 NFT sono attualmente in asta su SuperRare fino a domani 13 maggio, e “Mother of Technology” ha già raggiunto i 15 ETH.

    Tutti i proventi della vendita, inoltre, andranno a tre organizzazioni no-profit, ovvero “The Voices of Children Foundation” che sostiene donne e bambini colpiti dalla guerra in Ucraina dal 2015, The City of Joy, una comunità per donne sopravvissute alla violenza nella parte democratica orientale Repubblica del Congo e Black Mama’s Bail Out nel Tennessee.

    “Quando Mike ed io abbiamo deciso di collaborare a questo progetto un anno fa, ero entusiasta di avere l’opportunità di condividere la mia visione del mondo come madre e artista coniugandolo con il punto di vista unico di Mike. È stato un viaggio straordinario” ha dichiarato Madonna.